"Chiunque tu sia, entra ed esci quando vuoi, qui sei libero di andare dove vuoi di chiedere ciò che vuoi. Questo è un posto di onesto piacere fatto più per gli altri che per il padrone. Ma non infrangere le leggi della civiltà se non vuoi esserne cacciato".

Storia locale

L’originario insediamento di natura agricola al centro della Valle del Sangone, il praesidium Gavienium risalente al I secolo d.C., non tardò ad espandersi dando origine al primo nucleo del villaggio romano il Vicus Gavensis. L’origine romana di Giaveno  è avvalorata da alcuni ritrovamenti: un tratto di lastricato venuto alla luce durante gli scavi per fognatura in via Pacchiotti, vicino al ponte del Tortorello,ed i resti di una tomba romana ritrovati nel 1979 in un prato vicino alla Cappella del Bussone in borgata Villa, oggi conservati al Museo di Antichità di Torino. Altri reperti romani furono trovati a borgata Villanova.  La prima citazione storica appare nella Cronaca di Novalesa, quando viene descritta la strada percorsa da Carlo Magno nel 773 d.C. per aggirare le famose Chiuse longobarde della Valle di Susa (oggi Chiusa San Michele) dove lo attendevano le truppe del re Desiderio. 
In quel periodo la basse valle di Susa fino all’altezza del Monte Pirchiriano, sul quale poi sorse l’abbazia di San Michele, si trovava sotto il dominio dei longobardi. La media valle, invece, era passata ai Franchi, popolo di razza germanica che viveva di guerre e di saccheggi. La battaglia delle Chiuse rappresentò l’epilogo di una serie complessa di vicende che videro il Papato chiedere aiuti ai Franchi contro i Longobardi. L’ultima calata in ordine di tempo fu quella attuata da Carlo Magno nell’estate del 773. Radunati i suoi uomini il re formò due distaccamenti: il primo avrebbe attaccato frontalmente le difese delle Chiuse, il secondo le avrebbe aggirate passando per un sentiero che saliva sulla destra del versante orografico destro della valle. Giunte sulla cresta spartiacque tra la valle di Susa e la Val Sangone, valicarono uno di questi facili colli e scersero nella pianura su cui sorgeva un villaggio il cui nome era Vicus Gavensis, da cui si poteva facilmente raggiungere la zona retrostante delle Chiuse lomgobardeIl borgo è, poi, citato in due altri documenti: uno del 31 luglio 1001, in cui l’imperatore Ottone III convalida la corte di Giaveno tra i beni feudali del marchese Olderico Manfredi II l’altro del 1031, un diploma dove si accenna ad una Chiesa di San Martino spettante ai monaci del convento torinese di San Solutore.
La data cruciale dello sviluppo del villaggio è il 1103, quando il territorio di Giaveno  viene donato da Umberto II di Savoia alla Abbazia di San Michele della Chiusa.
Giaveno divenne sede dell’Abate e all’inizio del XII secolo venne edificata la chiesa di San Lorenzo. L’insediamento originario non era , però, organizzato come il borgo attuale: probabilmente assunse la forma policentrica in cui il nucleo principale, la villa, sorgeva nei pressi di San Lorenzo, con ogni probabilità nei dintorni di Ruata Padovani, dove sono tuttora conservate tracce di edifici quattrocenteschi. Il nuovo borgo si trovava all’incrocio fra la strada che da Avigliana andava a Cumiana e quella che discendeva la valle verso Trana. Giaveno fu sempre un possedimento della vicina abbazia di San Michele. Verso la fine del XIII sec. Gli abati decisero di costruire un castello nella parte più elevata del borgo, edificio che divenne ben presto la residenza dell’abate. Il castello dell’abate di San Michele, di cui oggi non rimane traccia, era organizzato sul tipico modello del XIII secolo che prevedeva una torre all’interno del recinto fortificato: la torre “grande” sorgeva al centro dell’area ed era circondata da una cinta quadrilatera, estesa alll’incirca lungo le odierne vie Giuoco dell’Archibugio, Parco Abbaziale, San Rocco e Via Marchini.
L’edificio aveva dimensioni tali da consentire di classificarlo tra le caseforti. Era alto 4 piani, con pianta rettangolare di 14 m per 11. ogni piano ospitava un vasto locale: dal basso verso l’alto, la camera dell’abate, la camera superiore, la loggia, la camera dei paramenti. All’interno del recinto, sul lato verso l’Ollasio, si trovava la cappella di Santa Caterina.  L’accesso al complesso era possibile da due porte: una verso l’attuale piazza del Balletto, l’altra, detta porta nuova, rivolta a nord. Su lato meridionale era presente un fossato. 
Di fronte al castello sorgeva l’abitazione degli Albezi (oggi via cardinal Maurizio), la famiglia dalla quale provenivano quasi tutti i castelli abbaziali di GiavenoDall’altro lato, sull’odierna piazza San Rocco, sorgeva la sede del tribunale dell’abate, attivo fino dal 1287 con la presenza di un giudice nominato dall’abate clusino. 

Il regnalium era dotato di tre porte: una conservata a fianco dell’attuale palazzo Sclopis, una in corrispondenza dell’arco libero che scavalca via Cardinal Maurizio (arco Sabaudo),e una presso l’incrocio tra le vie Parco Abbaziale e Bacco. Ai tre ingressi originari, nel 1347 si aggiunse la “Porta nova” nella zona nord orientale delle mura (piazza del balletto). Fino alla metà del sec. XIV, quando venne inglobata nella nuova cerchia muraria, la cinta mantenne la funzione difensiva. Nel 1286 a Giaveno ebbe sede il primo Parlamento Sabaudo, in borgata Villa, nei prati verso il Sangone. Si trattò principalmente di una specie di congresso dei nobili  della contea sabauda riuniti per prendere importanti decisioni sulla politica feudale e, principalmente, come testimonia una lapide posta presso l’antica Torre delle Streghe, sulle sorti della dinastia di Amedeo IV. La presenza del Regnalium richiamò una forte concentrazione di popolazione nelle vicinanze della fortificazione, che in poco tempo portò alla creazione di un nuovo abitato sulle pendici dell’altura stretta tra il rio Ollasio e i prati ove ora sorge piazza Molines.

Nel 1347 l’abate clusino Rodolfo di Mombello, fece cingere Giaveno da una nuova cinta di mura larghe circa 75 cm e alte poco più di 6 m (2 trabucchi), realizzate in pietra di fiume. Egli, in relatà, più che a proteggere la popolazione, pensava a ingrandire il borgo per garantire al monastero redditi maggiori. Tuttavia, la grande superficie racchiusa entro le mura restò scarsamente utilizzata, nonostante la concessione di abbondanti franchigie. Ciò rallentò i lavori che ripresero solo grazie al Conte Verde nel 1388.  Testimonianza di questa fortificazione restano le tre torri di via Roma. Esse conservano nella parte superiore le decorazioni ad archetti e la merlatura guelfa che rileva l’origine della proprietà feudale ecclesiastica. La quarta torre è inglobata nella Chiesa dei Batù.
Le porte che si aprivano nella cinta erano 4: quella della Buffa, quella si San Lorenzo, quella di Avigliana (detta anche porta d’Ollasio, sul ponte che scavalca il rio su via Roma) e la porta castri (tra via S.Rocco e via Marchini). Attorno alla cinta vi era un fossato asciutto entro il quale, però poteva essere convogliata l’acqua del rio Ollasio e poi scaricata nel rio Botetto.

Nel XV secolo era già presente una comunità autonoma che nel 1568 trovo sede della propria casa comunale nell’edificio denominato “Casa Sasso” in via XX Settembre, che restò sede dell’amministrazione comunale fino al XX secolo quando il municipio fu trasferito a Palazzo Marchini.
Il dominio sabaudo subì una lunga interruzione a partire dal 1536 quando il Piemonte fu invaso dai Francesi e inglobato nei territori della corona di Francia.
Giaveno continuò comunque a crescere per tutto il XVI secolo spinta dalla forza economica locale fondata sull’attività di produzione e smercio di materiali ferrosi, stoffe, cuoio, grazie allo sfruttamento delle miniere,  dei numerosi corsi d’acqua.
Nel primo cinquecento si contavano a Giaveno 14 fucine, 3 concerie, un battitore di canapa,  una segheria; a fine secolo le fucine erano 32, i battitori 11. Queste attività obbligavano gli imprenditori a stabilirsi lungo i corsi d’acqua fuori dal borgo e, nel caso di forni di fusione, anche nelle borgate. Questo fu il motivo per cui l’abitato di Giaveno  mantenne il carattere sparso che, tuttora,  lo caratterizza. Entro le cinta aveva trovato collocazione il mercato, attività di grande rilevanza locale e con prodotti di provenienza anche transalpina.
Nel XVI secolo furono realizzati numerosi interventi edilizi, tra i quali la costruzione del Palazzetto Abbaziale residenza moderna dell’abate. Qui venne istituito nel 1571 il seminario abbaziale che trovò la sua prima sede nell’antico palazzo del tribunale (edificio dell’attuale piazza San Rocco 5/6). Fu un’istituzione di grande prestigio per il Piemonte dove scarseggiavano le scuole pubbliche, con eccezione di Giaveno che aveva già dal 1482 una scuola municipale  a pagamento. Il palazzetto abbaziale ospitò molti uomini illustri della corte sabauda, finchè il Cardinal Maurizio, nel XVII, decise di trasformarlo in una residenza che fosse “degno albergo di un figlio di Carlo Emanuele II”. I lavori di ristrutturazione iniziarono nel 1620 su progetto de capitano Carlo Morello, ingegnere militare. Non vi sono disegni della costruzione, che doveva essere imponente e in grado di competere con le più grandi residenze ducali dell’epoca. Il giardino era ricco di fontane, getti e zampilli d’acqua. A questo scopo fu acquistata la bealera del Molino e fu costruita una condotta per portare l’acqua derivata dal sangone nel canale del Partitore, attraverso la borgata Buffa, fino all’interno del parco. La grandiosa fontana era costituita da un grottesco mascherone con la grande bocca spalancata scolpito nel travertino di Chianocco dal picapietre Giacomo Fontana.
Si tratta dell’unico ricordo dello spelndido parco, scomparso alla fine del XVIII secolo. 
Il castello fu totalmente rifatto nell’ottocento quando divenne sede della Casa di Ricovero dei Poveri Vecchi delle Suore del Cottolengo che lo ebbero in donazione dai cittadini giavenesi Sclopis e MolinesNel 1611 fu abbattuta l’antica chiesa di San Lorenzo che minacciava rovina, dando avvio alla costruzione della nuova chiesa in onore del secondo patrono della cittadina, S. Antero, Papa e Martire, le cui reliquie furono portate a Giaveno e donate alla Città dall’abate Vincenzo Claretta. Nel 1622 con bolla pontificia, il cardinal Maurizio di Savoia, ottenne dalla Santa Sede l’insignazione di Collegiata da istituirsi presso la pieve di San Lorenzo. Il XVII secolo fu per Giaveno e la sua valle un periodo di guerre e di tristi vicende. Nel XVIII secolo, Guaveno ritrò un ruolo nella crescita dell’industria e dell’artigianato locali. Inziò la costruzione della Torre dell’orologio, campanile a guglia con le iscrizioni lative che ricordano il passaggio presuto di Annibale nella valle nel 218 a.C. (IAM VENI SPECULA POENUS) e l’auspicata pace di Acquisgrana del 1748 ( PACIS REDEUNTIS MONUMENTUM). Nel corso dei secoli XVIII e XIX Giaveno si conferma il principale centro della Val  Sangone. Era anche il più popolato di tutta la provincia di Susa (nel 1843 aveva 8866 abiatanti). Conferma la sua grande vocazione a diventare centro del commercio con 2 mercati settimanali: il sabato ed il martedì su 5 piazze.


Fonte: "Giaveno e i suoi protagonisti" - Ed. Aghepos